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Fibromi uterini, un nesso con gli ftalati

Le sostanze chimiche favoriscono l’insorgenza della neoplasia

Un team di ricercatori della Northwestern University ha scoperto un collegamento tra l’esposizione agli ftalati ambientali e le probabilità di insorgenza dei fibromi uterini.
I fibromi rappresentano i tumori femminili benigni più comuni. Colpiscono una donna su tre e possono causare sanguinamenti, anemia, aborti spontanei e infertilità. Gli ftalati vengono utilizzati per il confezionamento di diversi prodotti di uso comune, dai contenitori alimentari agli smalti per unghie, pur essendo nota da tempo la loro tossicità per l’uomo.

In Europa sono in parte vietati, limitati o soggetti a restrizioni in concentrazione superiore allo 0,1%. È di pochi giorni fa il richiamo e il ritiro dal mercato italiano di lotti di palloncini per bambini proprio per la presenza di ftalati vietati.
I divieti però non si applicano agli articoli esclusivamente per uso industriale, agricolo o all’aperto a condizione che nessun materiale entri in contatto con la mucosa o la pelle umana, così come a tutti gli articoli acquistati all’estero o immessi sul mercato prima del 7 luglio 2020.

Serdar Bulun, primario di Ostetricia e ginecologia della Feinberg School of Medicine della Northwestern University, autore principale della ricerca, spiega: “Sono più che semplici inquinanti ambientali e possono causare danni specifici ai tessuti umani. Gli ftalati sono ovunque, compresi gli imballaggi alimentari, i prodotti per i capelli e il make-up, e il loro utilizzo non è vietato qui negli Stati Uniti”.
Lo studio ha mostrato che le donne esposte a ftalati come il dietilesilftalato (Dehp) subiscono una crescita maggiore e ingiustificata dei fibromi uterini. Il Dehp è un interferente endocrino in grado di scatenare un percorso ormonale che attiva la via della chinurenina. Il sistema endocrino partecipa alla regolazione di numerose funzioni fisiologiche dell’organismo come la riproduzione, l’immunità e il comportamento umano attraverso gli ormoni. Per questo motivo, gli interferenti endocrini causano effetti avversi spegnendo o modificando i segnali inviati dagli ormoni.

In questo caso specifico, il dietilesilftalato può controllare le chinurenine che agiscono legandosi a un recettore, Ahr, che si trova sul citoplasma delle cellule e funge da interruttore. Di norma, serve a proteggersi da reazioni autoimmunitarie pericolose, ma serve anche al tumore per sottrarsi alle difese dell’organismo.

“È interessante notare come Ahr sia anche il recettore degli idrocarburi arilici e come l’uso della diossina durante la guerra del Vietnam abbia causato significative anomalie riproduttive nelle popolazioni esposte”, sostiene Bulun.
“Sebbene ci sia stata una crescente preoccupazione e alcune restrizioni siano state attuate nei paesi dell’Unione Europea, il Dehp è ancora ampiamente utilizzato per il confezionamento di prodotti alimentari e sanitari negli Stati Uniti e in tutto il mondo. Può essere rilasciato gradualmente dai prodotti di consumo in ambienti interni come case, scuole, asili nido, uffici e automobili. Si deposita sui pavimenti e su altre superfici e può accumularsi in polvere e aria che inaliamo e tocchiamo. Durante la gravidanza, poi, il Dehp può anche passare al feto”, conclude il ginecologo.

fonte: italiasalute.it